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Alzheimer, 1 milione di malati non si perderanno più. Arriva il geolocalizzatore per ritrovarli

ROMA - Un geolocalizzatore per ritrovare le persone dementi

Pubblicato:03-12-2015 09:41
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:40

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anzianiROMA – Un geolocalizzatore per ritrovare le persone dementi che hanno perso la strada di casa. Fa parte del ‘Progetto Diogene’ e il dispositivo si chiama ‘il Filo di Arianna’. “Un labirinto rappresenta bene la mente confusa della persona con demenza. Sono 1 milione i malati di Alzheimer in Italia e altrettante sono le famiglie in difficolta’. Un peso assistenziale forte e pesante”. Ne parla Luisa Bartorelli, presidente dell’associazione Alzheimer Uniti Roma Onlus, al convegno sul Welfare digitale. “È in fase di conclusione anche il Protocollo di intesa con i tre ministeri: Interni, Salute e Affari sociali. Le prefetture sono gia’ tutte in allerta e se dovesse scomparire qualche malato di Alzheimer c’e’ un protocollo preciso su cosa le Forze dell’ordine devono fare”.

Come sono le persone con demenza? “Presentano disturbi del comportamento, alterazione della funzione cognitiva, una compromissione funzionale e una multimorbilita’. Perdita di memoria e disorientamento tempo-spaziale sono caratteristiche tipiche- racconta il presidente- per questo motivo molti malati di demenza perdono la strada di casa e allora la geolocalizzazione e’ utile. I disturbi del comportamento li portano a fuggire, al vagabondaggio. Percepiscono il mondo come difficile e pericoloso e quindi scappano, anche dalle RSA, correndo rischi enormi. In tanti sono morti nel Tevere o congelati”. Bartorelli propone la creazione di “una rete di servizi, anche se il luogo preferito e’ la casa e il servizio fondamentale l’assistenza domiciliare”.

Il Filo di Arianna e’ un sistema sensoriale localizzato da una centrale operativa: “E’ un apparecchio che puo’ essere infilato alla cintura per uomini o al collo per le donne. Fondamentale e’ il collegamento con le Forze dell’ordine. Abbiamo fatto un corso per i funzionari delle prefetture italiane sull’uso di queste tecnologie, che restituiscono anche dignita’ ai malati”. La strumentazione digitale e’ stata sperimentata su “24 uomini e 26 donne di eta’ media 76 anni e scolarita’ media elevata. Lo stesso per i caregiver. Bisogna cambiare mentalita’ per poter usufruire di queste nuove tecnologie- conclude- che daranno piu’ sicurezza fisica alla persona malata, ridurranno l’ansia e la depressione delle famiglie e i ricoveri in RSA”.


di Rachele Bombace – giornalista professionista

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