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Al porto di Gioia Tauro 24 mln di pastiglie di ‘droga del combattente’ dell’Isis

Il traffico era gestito direttamente dallo Stato islamico (Daesh) con l'obiettivo di finanziare le attività terroristiche

Pubblicato:03-11-2017 08:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:51

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ROMA – Un traffico di “droga del combattente” – un potente oppiaceo utilizzato frequentemente dai kamikaze prima degli attacchi terroristici – direttamente gestito dall’Isis è stato intercettato al porto di Gioia Tauro, in Calabria.  Proprio lì, infatti, sono state sequestrate 24 milioni di compresse di tramadolo: il carico proveniva dall’India ed era diretto in Libia: sul mercato avrebbe fruttato circa 50 milioni di euro: ogni pastiglia, infatti, viene venduta a circa 2 euro sul mercato nero nord africano e medio orientale.

Il tramadolo, spiega la nota della Guardia di finanza, è una sostanza oppiacea sintetica, il cui uso è stato ripetutamente accertato negli scenari di guerra mediorientali, tanto da essere soprannominato “droga del combattente”: viene infatti utilizzato come eccitante, serve per non sentire più la paura, ma anche per aumentare le capacità di resistenza allo sforzo fisico. Il traffico è stato individuato dalla Guardia di finanza e dall’ufficio antifrode della Dogana di Gioia Tauro e le indagini hanno scoperto che era gestito direttamente dallo Stato islamico.


Il traffico di tramadolo scoperto in Calabria, stando alle informazioni investigative italiane incrociate con quelle internazionali, sarebbe gestito direttamente dall’Is (Daesh), con l’obiettivo di finanziare le attività terroristiche che l’organizzazione pianifica e realizza in ogni parte del mondo. Parte dei proventi illeciti derivanti dalla vendita di questa droga sarebbero destinati a sovvenzionare gruppi di eversione e di estremisti operanti in Libia, in Siria ed in Iraq.

L’operazione della Finanza, coordinata dalla Sezione Antiterrorismo della Dda di Reggio Calabria, ha potuto contare sull’appoggio della D.E.A. americana e della Direzione Centrale dei Servizi Antidroga presso il ministero dell’Interno. L’input investigativo è partito dal II Gruppo della Guardia di Finanza di Genova che nell’ambito di una operazione dello scorso maggio, aveva proceduto ad un analogo sequestro nel porto del capoluogo ligure.

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