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Milano, migranti imparano l’italiano con la poesia popolare

I loro componimenti finiscono al Festival Internazionale di Poesia di Milano, che si terra’ fra il 12 e il 13 maggio

Pubblicato:03-05-2018 10:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:50
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MILANO – Hanno imparato  il congiuntivo cantando “Io son contadinella se fossi regina” e adattando i testi della tradizione italiana alle loro storie di migranti. E ora i loro componimenti finiscono al Festival Internazionale di Poesia di Milano, giunto quest’anno alla sua terza edizione che si terra’ fra il 12 e il 13 maggio. E cosi’ la -grammatica diventa musica raccontando  le storie degli emigrati: quelli di ieri e  quelli di oggi. “Maremma maremma” – che “a me pare una Maremmma amara”- narra il dramma dei lavoratori stagionali a inizio Ottocento a rischio malaria in bassa Toscana e si trasforma nel racconto odierno di chi decide di andarsene dall’Africa centrale per cercare fortuna in Europa. “Tutti dicono in Libia c’e’ lavoro,  ma se hai la pelle scura e’ molto amaro: ti pagan solo quando han voglia loro, posson picchiarti e farti prigioniero”. Testo e musica sono dei migranti africani accolti dalla cooperativa sociale “Finis Terrae” che opera nei territori lombardi dell’Oltrepo Pavese: i componimenti verranno presentati, sabato 12 maggio al Mudec di Milano, durante l’incontro “Nuovi canti migranti dal deserto ai monti”. Tra i 60 eventi in programma e i 262 artisti presenti alla due giorni meneghina di meta’ maggio dedicata a musica e poesia ci sono le storie di approdo in Italia degli ultimi due anni, le memorie e i drammi dei nuovi emigranti e i loro desideri futuri. La celebre “Io son contadinella della campagna bella”, e in particolare i versetti “se fossi la regina sarei incoronata, ma sono contadinella mi tocca lavorar”, si trasformano in una canzone a piu’ mani intitolata “Se non fossi un migrante”. Dove Ousmane scrive: “se fossi italiano potrei girare il mondo, se andassi in America sarei un cervello in fuga”.  

Mentre Micheal: “Se fossi italiano sarei un dottore,  se fossi un dottore potrei guarire tutti”. E poi c’e’ Ernest che vuole essere poliziotto “per proteggere le persone da tutte le violenze”, passando per Emmauel che se fosse imprenditore darebbe lavoro a tutti, fino ad arrivare a Noor che vuole studiare ingegneria per costruire ponti e a Moussa, il quale “vorrebbe che gli 

stranieri rispettassero la legge”. L’ obiettivo finale non e’ dar sfoggio a velleita’ artistiche ma imparare la grammatica italiana con formule che aiutino a fissare  nella memoria gli usi corretti del congiuntivo e del condizionale come strumento di integrazione. Se fossero italiani non ne avrebbero bisogno, ma sono migranti e devono studiare. I nuovi canti migranti non sono l’unico appuntamento dedicato ai temi sociali del Festival della Poesia. Durante le mattine di sabato e domenica  si terranno anche i laboratori di scrittura della comunita’ psichiatrica Assietta e a quello della Casa di reclusione di Opera-Milano. Verra’ ripreso il tema della violenza sulle donne con un’istallazione artistica organizzatada Cerchi d’Acqua Onlusdal titolo “Com’eri vestita?” e con un evento, nello spazio esterno, intitolato
“La Violenza contro le donne e riflessioni sulla condizione della donna in vari ambiti internazionali”. Infine, uno sguardo inedito sul quartiere Quarto Oggiaro,
la presentazione del libro “La guerra tra noi” di Cecilia Strada, una lettura-performance sulla persecuzione Rom di e con Dijana Pavlovic. Il programma completo del Festival
e’ su 
www.festivaletteraturamilano.it.


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