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Comunali Milano, Sumaya: “Islamista sì, estremista no”

MILANO - "Per non lasciare dubbi e

Pubblicato:03-05-2016 14:04
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:40

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Sumaya Abdel quader-dacomMILANO – “Per non lasciare dubbi e chiudere questa storia vorrei mettere in chiaro alcuni punti, ossia affermare di non appartenere ai Fratelli Musulmani è per me un semplice atto di onestà. La mia storia è diversa da quella dei Fratelli mussulmani, lo è quella dei musulmani europei e non potrebbe essere altrimenti”. Così Sumaya Abel Qader, islamica italiana candidata alle amministrative con il Pd e finita al centro di polemiche riguardo le accuse mosse dal centrodestra su una sua presunta vicinanza a ambienti islamici radicali, risponde con una nota scritta: “Così, improvvisamente, qualcuno ha scoperto su di me segreti nascosti e in questi giorni continuo ad essere citata da molta stampa e politici di centrodestra, pagine Facebook e siti islamofobi che lanciano ombre sulla mia persona- spiega Sumaya-. Anche Parisi, se pur in modo indiretto, si è scomodato a parlare di me lanciando un allarme”.

La giovane militante, nata a Perugia 38 anni fa, fa sapere come “la narrazione che vuole dipingere le associazioni a cui appartengo come controverse denota un’evidente impreparazione ed incomprensione di quella che è la realtà islamica europea. Non vi è dubbio sul fatto che le organizzazioni di cui si è dotata la comunità islamica in questi anni portano i riferimenti, le esperienze ed il vissuto di uomini e donne che nei paesi di origine hanno aderito a diversi pensieri e movimenti tra cui anche la fratellanza musulmana- continua- ma deve essere molto chiaro che le comunità islamiche europee hanno sviluppato una visione propria, autonoma, una visione che nel processo costante di evoluzione che vive ha bisogno di intensificare la relazione con il pensiero europeo”.

Sumaya poi fa sapere come buona parte del proprio impegno civico, sociale e politico “si è sviluppato nell’associazionismo islamico e della società civile, al servizio dei giovani e delle donne” specie per il dialogo interreligioso e di genere. La ricercatrice, figlia di immigrati giordano-palestinesi, racconta di essere stata tra i fondatori dell’associazione Giovani Musulmani d’Italia “rinomata per il suo impegno contro la radicalizzazione dei giovani, per promuovere una coscienza civica e rilanciare una identità italiana dei suoi associati provenienti da più di 15 paesi del mondo”. In ambito europeo ha fatto parte dell’Efomw, associazione femminile che lotta per rendere autonome le donne dai retaggi culturali dei paesi di origine, “per una interpretazione della religione libera da schemi maschilisti e patriarcali, associazione ben conosciuta dalle Istituzioni europee. E’ stata dirigente per due anni del Femyso (Forum of European Muslim Youth and Students Org) e altri due nella Fioe (Federazione delle Organizzazioni Islamiche Europee), portando avanti con spirito critico “l’idea di un Islam indipendente da stati esteri”.


Due organizzazioni che “in questi giorni vengono rappresentate come un’emanazione della fratellanza musulmana tanto che c’è chi trova conferma della loro ambiguità nel fatto che sarebbero iscritte in black list di paesi come Egitto, Arabia, Emirati Arabi, paesi che certo non spiccano per essere democratici e rispettosi dei diritti umani”. Invece “sono organizzazioni indipendenti, spesso finanziate dall’Ue per molti progetti, e hanno come principi guida quelli della Carta dei musulmani d’Europa sottoscritta da decine di associazioni islamiche per iniziativa della Federazione islamica europea”.

di Nicola Mente

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