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Trapianti, intervista a Ignazio Marino: “Permettere contatti tra famiglia donatore e ricevente”

Intervistato dall'agenzia Dire, Ignazio Marino apre un fronte importante in un Paese dove la legge rende quasi impossibili i contatti tra le parti.

Pubblicato:03-04-2018 11:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:42

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ROMA – Mettere in contatto, dopo un trapianto, la famiglia del donatore e il ricevente. E’ “saggio” e “auspicabile” secondo uno dei più noti chirurghi italiani in materia, Ignazio Marino. Intervistato dall’agenzia Dire, l’attuale professore di Chirurgia al Sidney Kimmel medical college di Philadelphia, nonché ex sindaco di Roma, apre un fronte importante in un Paese dove la legge rende quasi impossibili i contatti tra le parti.

“Sarebbe auspicabile- ha aggiunto Marino- se entrambe le parti lo desiderano e trascorso un periodo di tempo relativamente lungo che permetta alle emozioni forti di attenuarsi, che la famiglia di chi ha donato e i riceventi possano mettersi in contatto con un percorso specifico, come avviene negli Stati Uniti”.

Questo prevede, “un coinvolgimento di associazioni che – una volta ricevuta la richiesta da entrambi – facciano da ‘filtro’ prima dell’incontro”. Che comunque, “deve avvenire con l’accompagnamento di uno psicologo“.


Il risultato, assicura lo specialista testimone di molti casi negli Usa, “è assolutamente gratificante per tutti“. Un’idea, questa dell’ex primo cittadino della Capitale, maturata anche in una delle conversazioni con Reginald Green, presidente dell’associazione che porta il nome del figlio Nicholas, ucciso sulla Salerno-Reggio Calabria nel 1994. I suoi organi furono donati, dalla famiglia americana, a 7 persone diverse.

“Il gesto di Reg- spiega ancora Marino alla Dire- è d’esempio per tutti anche oggi. Un uomo che ha perso il figlio in quel modo poteva nutrire un sentimento di odio o quanto meno di avversione verso il nostro Paese, e invece decise subito di autorizzare la donazione degli organi”.

Per questo, “decisi da sindaco di Roma, il 17 settembre del 2014, di dedicare un parco al piccolo Nicholas e per questo ritengo che il suo ricordo e l’impegno di questa famiglia debbano restare vive nelle coscienze di tutti”.

Infine, a supporto della ‘bontà’ dell’ipotesi, alcune testimonianze delle organizzazioni statunitensi, supportate dal Governo, che supervisionano la donazioni. Secondo Kevin O’Connor, direttore esecutivo dell’ufficio della Life Center Northwest, “avere la possibilità di scambiarsi lettere è profondamente terapeutico e rigenerante per entrambe le parti, per le famiglie dei donatori come per i riceventi”.

E ancora, l’amministratrice delegata di LiveOnNy, Helen Irving, afferma che in molti casi, “la comunicazione non solo è benvoluta, ma è desiderata. Le famiglie dei donatori hanno solo una richiesta ed è quella che noi riusciamo a salvare quante più vite possibile con il loro dono. Quelli che incontrano i riceventi hanno la chance di vedere che quella promessa è stata mantenuta”.

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