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Sanità, Paludetti (Gemelli Roma): “Ipoacusia pregiudica qualità della vita”

In occasione della Giornata mondiale dell'udito, che ricorre ogni 3 marzo, l'agenzia Dire ha voluto approfondire il funzionamento e le patologie a carico di un organo cosi' prezioso insieme a Gaetano Paludetti, direttore dell'Area Testa Collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma.

Pubblicato:03-03-2019 11:19
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:11

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ROMA – Quante persone effettuano controlli all’udito e sono attenti a segnali di eventuali deficit? In una società sempre più progressivamente rumorosa, un controllo all’udito e al funzionamento dell’orecchio è fondamentale. Ma purtroppo non è la regola.

Se pensiamo a quanto l’udito sia importante per metterci in connessione con il mondo esterno, comunicare con gli altri, creare relazioni ed esprimerci, ci rendiamo conto che questo è essenziale nella vita quotidiana. Per questo oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’udito, che ricorre ogni 3 marzo, l’agenzia Dire ha voluto approfondire il funzionamento e le patologie a carico di un organo così prezioso insieme a Gaetano Paludetti, direttore dell’Area Testa Collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma.


– Che cos’è l’ipoacusia e quante tipologie esistono?

‘L’ipoacusia è la diminuzione della capacità uditiva, quindi il risultato è che la persona sente di meno. Due sono le tipologie di ipoacusia, una di tipo trasmissivo che interessa appunto la trasmissione e coinvolge il timpano e gli ossicini, e una di tipo neurosensoriale che interessa invece la parte dell’orecchio che trasforma l’onda sonora in elettricità e cioè la coclea, il nervo acustico e il cervello. Le ipoacusie trasmissive sono più semplici da trattare, tramite operazione e assunzione di farmaci. Mentre le altre, quelle neurosensoriali, sono le più difficili da trattare e anche le più gravi perchè progredendo, nel tempo, possono portare anche a una sordità completa’.

– Quali sono le cause? E se in famiglia ci sono casi di sordità è possibile trasmetterla ai figli?

‘Per quanto riguarda le sordità di tipo trasmissivo in genere le cause possono essere le più disparate come le allergie, le malattie delle vie aeree superiori, le patologie genetiche come l’otosclerosi. Mentre per quanto riguarda le ipoacusie neurosensoriali la causa più frequente è quella genetica o ereditaria. Altre cause possono essere ancora l’esposizione a forti rumori. Pratiche come la caccia ad esempio, traumi cranici, l’assunzione di alcuni farmaci ototossici possono comportare una perdita dell’udito. Dunque si può facilmente comprendere che le cause di sordità sono molteplici ma la più frequente, ribadisco, è quella genetica. Mentre la risposta alla domanda se in famiglia ci sono casi di sordità questa si può trasmettere, la risposta e’ affermativa: infatti e’ possibile che la patologia si trasmetta a figli e nipoti’.

– Quali sono i danni che può provocare?

‘Il danno principale dell’ipoacusia è la difficoltà a gestire una normale vita sociale. Una persona che sente poco comunica meno bene, riscontra difficoltà sul lavoro e ha difficoltà nell’apprendimento se parliamo di bambini. La sordità nei più piccoli è molto grave, oltre un certo livello rende difficile l’acquisizione del linguaggio. Dunque gli effetti di questa patologia sono progressivi e portano all’allontanamento della persona dalla vita sociale e questo discorso si estende anche al caso della persona anziana che tende a isolarsi di più’.

– Esistono dei segnali per riconoscere la patologia precocemente e spingere il paziente a recarsi da uno specialista?

‘In genere è il paziente stesso che si rende conto della difficoltà nella comprensione del linguaggio soprattutto in ambienti silenziosi, e allora la cosa è abbastanza grave. Più spesso il paziente si accorge del deficit quando ci sono delle situazioni di rumorosità ambientale, ad esempio in un ristorante o comunque in situazioni conviviali. E’ lui che si rende conto di sentire di meno. Un altro segno che può far riflettere è la comparsa di un acufene, che a volte può essere associato ad un calo dell’udito. Questi due elementi, difficoltà nel sentire e la comparsa dell’acufene devono spingere il paziente a recarsi da uno specialista per verificare la situazione con un esame audiometrico con toni puri o con parole’.

– Quali sono gli esami e i trattamenti possibili?

‘Gli esami a cui il paziente può essere sottoposto sono l’audiometria tonale, in cui si inviano i toni puri e il paziente deve confermare se li percepisce oppure no. Esiste poi una audiometria tonale in cui vengono invece inviate delle parole che il paziente deve ripetere. Chiaramente ci si deve sottoporre ad una visita ‘classica’ dall’otorino anche perchè sembra banale ma la perdita dell’udito può essere provocata anche da un accumulo di cerume. Inoltre esiste l’esame impedenzometrico attraverso cui possiamo constatare se è presente del catarro nell’orecchio o se ci sono condizioni di tipo trasmissivo. Poi vanno presi in considerazione tutta un’altra serie di esami molto sofisticati, eseguiti nelle persone che non collaborano come ad esempio i bambini o persone che hanno danni cerebrali, e sono i potenziati evocati uditivi. Mentre un esame di screening, specialmente in ambito neonatale, è importante. In questo caso si utilizzano gli echi cocleari o le otoemissioni acustiche che sono di fatto il test di screening della sordità per i neonati che noi, qui al Gemelli, facciamo a tutti i bambini che nascono in questo Policlinico. Nel caso in cui il piccolo non ‘supera’ l’esame degli echi cocleari, vengono eseguiti dei potenziati evocali rapidi in quanto durano molto poco e se non ‘passano’ neanche questi si passa ai potenziati evocati classici, per loro natura più complessi. Si tratta in poche parole di una sorta di elettroencefalogramma del nervo acustico. Questo tipo di esami di conseguenza innesca il trattamento specifico. In ambito neonatale, in particolare, una diagnosi precoce consente al bambino di acquisire il linguaggio. In alcune forme di sordita’ trasmissibili si può procedere poi ad interventi chirurgici. Nelle forme neurosensoriali, che sono che sono in grandissima maggioranza patologie che affliggono l’adulto, la diagnosi precoce può portare ad una più tempestiva protesizzazione acustica che pero’ non tutti accettano. Quest’ultimo discorso, in particolare, va portato avanti singolarmente con il paziente. Certamente nel caso di ipoacusia neurosensoriale in un adulto noi non abbiamo grandi capacità d’intervento medico-chirurgico ma possiamo affidarci solo alle protesi’.

– Secondo gli ultimi dati dell’Oms oltre un miliardo di giovani rischia danni permanenti all’udito per prolungata esposizione ai rumori. Quanto è importante allora informare e sottoporsi a screening?

‘Sono numeri di cui non sono direttamente a conoscenza. Sicuramente è possibile che sia così e sicuramente il mondo oggi è rumoroso su questo non c’è dubbio. Sono stati effettuati anche degli studi sulle popolazioni indigene lontanissime dal rumore e sembra che l’udito sia migliore. Quindi indubbiamente quello che chiamiamo socio-ipoacusia, la perdita dell’udito legata ai fattori socio ambientali, ha una sua rilevanza. In linea generale i giovani oggi sono più esposti perchè frequentano discoteche rumorosissime e vivono con gli auricolari sempre nell’orecchio, ascoltano musica a volume intenso e questo comporta sicuramente maggiore sovraesposizione di un tempo. Mentre per ciò che concerne lo screening credo che questo debba esser fatto in eta’ neonatale e soprattutto ai primi segni di deficit dell’udito, come accertata difficoltà di comprensione delle parole o alla comparsa di un acufene, e’ opportuno sottoporsi agli esami di cui abbiamo parlato’.

– Un’altra patologia invalidante a carico dell’orecchio è l’acufene che affligge peraltro un gran numero di persone. Cos’è e come si tratta?

‘L’acufene è un suono che compare nell’orecchio ed è una patologia decisamente frequente ma devo essere sincero, allo stato attuale, la diagnosi e’ importante per escludere alcuni tipi di patologie e per capire la causa scatenante del problema ma per quanto riguarda il trattamento siamo in una posizione precaria. A dire il vero non esiste un vero trattamento degli acufeni, bisogna poi considerare il caso preciso, però in assoluto l’acufene non è patologia facile da trattare e gli insuccessi sono elevati’.

– Infatti spesso al paziente viene detto di ‘convivere’ con l’acufene. Ma esistono delle strategie che possono essere messe in atto per migliorare la qualità della vita di questi soggetti?

‘Convivere con un sintomo non è mai una cosa piacevole da sentir dire. Pero’ nella sostanza questa è la verità. Più che ‘convivere’, gli ultimi trattamenti proposti mirano a fare in modo che il cervello si adatti a questa nuova situazione quasi a non tener conto che ci sia il problema. Questo e’ lo scopo dei trattamenti. Ma nulla al mondo può oggi garantire la scomparsa di un acufene. La cosa più importante per me e’ che il paziente colpito da acufene deve poter riposare serenamente. Proprio perchè il non dormire la notte a causa del disturbo può essere la causa di destabilizzazione psicologica. La prima cosa da fare allora e’ somministrare anche dei farmaci che consentano un riposo tranquillo. In genere l’acufene prevede anche una certa situazione psicologica del paziente ma qui bisogna vedere se e’ la causa o la conseguenza. A volte una situazione di stress o di grande preoccupazione può rendere l’acufene insostenibile pero’ in determinate circostanze la situazione si inverte ovvero e’ l’acufene che rende insostenibile la vita. In linea generale si riesce a ‘governare’ il sintomo. Tante le persone che purtroppo mi capita di visitare in prima battuta portate allo stremo mi dicono ‘mi suicido per l’acufene’ e poi non lo fanno mai perchè in qualche modo il problema diventa accettabile e la plasticità cerebrale riesce a sopportare questo tipo di sintomo. Indubbiamente rimane una patologia di difficile soluzione e perciò difficile da trattare’.

– A volte gli acufeni si associano a ipoacusia, in quel caso cosa si può fare?

‘Direi di più. A volte gli acufeni precedono l’ipoacusia e l’acufene e’ proprio il primo segno di una ipoacusia che verrà. Ed inoltre gli acufeni associati alla sordità, naturalmente, sono quelli più difficili da trattare e debellare. Nel caso di pazienti che sentono normalmente e’ anche possibile che l’acufene scompaia mentre se questo compare in una persona affetta da danno uditivo, specie neurosensoriale, è difficile che l’acufene vada via perchè non riusciamo a correggerlo dal punto di vista farmacologico o chirurgico delle perdite uditive neurosensoriali. Nelle forme di tipo trasmissivo come l’otosclerosi, l’acufene può scomparire a seguito di un intervento chirurgico, si opera la patologia, si recupera l’udito e scompare l’acufene nella grande maggioranza dei casi. In alcuni casi di tipo ‘trasmissivo’ si può tentare di fare qualcosa di più  sostanziale mentre in quelle neurosensoriali è molto più difficile correggere l’acufene anche perchè, come abbiamo già sottolineato, le neurosensoriali possono essere trattate solo con le protesi acustiche. E’ vero anche che oggi si cerca, all’intero del panorama delle protesi acustiche, di elaborare programmi che possano alleviare anche l’acufene ma anche in questo caso i successi non sono certi’.

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