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NAPOLI – Cruscotti aziendali per la registrazione e il monitoraggio dei dati, app personalizzate in grado di aiutare i pazienti a ricordarsi di prendere la terapia e dispositivi medici all’avanguardia ‘etichettati’ con tecnologia Rfid in sala operatoria per essere sempre tracciabili. La ‘digital health’ è indubbiamente il futuro, ma quanto è realizzabile nell’Italia di oggi, compatibilmente con il pressante problema delle risorse finanziarie? Di questo si è discusso nell’ultima giornata del 39^ congresso Sifo, la Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie, che si chiude oggi a Napoli. Il tema della sanità digitale è stato analizzato in una sessione plenaria, molto partecipata, dal titolo “Digital Health: evoluzione delle attività farmaceutiche tra rischi e opportunità”.
“L’innovazione digitale conta tantissimo nella nostra professione. Il punto è che noi abbiamo a disposizione una marea di dati inutilizzati e non riusciamo a trasformarli in informazioni- afferma Alessandro D’Arpino, consigliere nazionale Sifo e tutor della sessione-. Tutte le informazioni che arrivano dalle app, dalle tecnologie Rfid, dai database che gestiamo normalmente come quelli di magazzino, rappresentano informazioni che devono essere restituite ai medici: sono fondamentali perchè servono per prendere decisioni per i singoli pazienti e quindi si traducono in qualità dei trattamenti”.
Nella sessione sono state prese in rassegna tutte le novità in tema di app, in particolare quelle che aiutano il paziente a migliorare l’aderenza alla terapia consentendogli di tenere un ‘diario’ delle assunzioni di farmaci. “Le app sono il tassello mancante per avere la certezza che i pazienti i farmaci li prendano veramente- spiega ancora D’Arpino-, altrimenti siamo fermi alla prescrizione del medico e alla dispensazione del farmaco, poi cosa succede a casa non lo sappiamo. Dobbiamo fare in modo di essere certi che la terapia prescritta e dispensata diventi anche una vera e propria somministrazione, nei tempi giusti, e questo possiamo farlo grazie alle app. La priorità è sempre la stessa, che tutte queste dati confluiscano all’interno dei nostri sistemi per restituirci informazioni”.
Nella sessione congressuale è stato posto l’accento sul fatto che non tutte le realtà italiane sono proiettate allo stesso modo verso il digitale, sottolineando come in sottofondo ci sia un problema di costi e di investimenti, oltre che di programmazione, e questo a dispetto del fatto che la digitalizzazione è sempre fonte di benefici sotto diversi punti di vista: nell’aderenza alla terapia e nella farmacoutilizzazione, ma anche per l’appropriatezza e l’ottimizzazione delle risorse. “Alcuni step sono già realizzabili con i mezzi che abbiamo a disposizione, perchè nelle nostre aziende a volte abbiamo strumenti che non sappiamo di avere- prosegue D’Arpino-. Dove invece non ci sono strumenti, vanno chiesti: talvolta trovano la loro ragion d’essere in un risparmio che scaturisce dal corretto utilizzo dei prodotti. Non sempre è un investimento, ma un trasferimento di fondi da un silos all’altro”.
Per stare al passo con l’innovazione digitale, è fondamentale lavorare sulla formazione. “Dobbiamo investire su questi argomenti in termini di formazione- sottolinea in chiusura D’Arpino-. Siamo impreparati, dobbiamo conoscere quali sono le informazioni importanti che devono essere registrate in maniera strutturata. Tirare fuori le informazioni da dati destrutturati è più difficile che farlo da dati strutturati, dobbiamo dare un contributo alla costruzione dei database in maniera che sia più facile tirar fuori i dati”.
Uno spunto lanciato dalla sessione, infine, è anche la necessità di interrogarsi su quale debba e possa essere il ruolo del farmacista ospedaliero nella governance di questi processi di innovazione.
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