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‘Maturi’ (e a piedi) in Islanda, l’avventura di 8 ragazzi in presa DIREtta – 2° puntata

Un trekking in Islanda come viaggio speciale post-maturità: la grande avventura di otto 18enni bolognesi

Pubblicato:02-08-2018 15:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:26
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BOLOGNA – Hanno fatto l’esame di maturità e, a differenza di tanti diciottenni che si buttano in estati di sfrenato divertimento tra spiagge e discoteche, loro hanno pensato di festeggiare questo importante traguardo in modo diverso. Con un viaggio-scoperta, faticoso e introspettivo. Ma rigorosamente in squadra: perchè questi otto ragazzi di Bologna, che si sono ribattezzati ‘Il Gregge‘, da anni sono abituati a camminare (e faticare) insieme, facendo trekking ed escursioni in giro per l’Italia. E così hanno voluto fare anche per il loro viaggio della maturità. Scegliendo un posto davvero speciale: l’Islanda. Un viaggio immersi nella natura per lasciarsi conquistare da scenari mozzafiato. Un percorso avventuroso che non dimenticheranno facilmente. Il loro viaggio è cominciato il 16 luglio e finito il 24. Oggi vi raccontiamo la seconda puntata.

Qui la 1° puntata: Uno due e tre, si vola

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I protagonisti:


Nicola, “camminatore esperto/quello delle bici”


Andrea, “il pastore”


Lorenzo, “camminatore alfa”


Francesca, “graphic designer”


Leonardo, “quello che si presenta alla partenza senza sapere cosa si farà”


Pietro, “logistics and technology”


Bruno, “quello nuovo con gli orecchini”


Serena, “quella responsabile”

PRONTI A PARTIRE, RISCHIARE LA STRADA 

Reykjavik – Landmannalaugar – Hrafntinnusker – 18 luglio

La sveglia suona alle 6:00, così possiamo sistemare con calma gli zaini e salutare Bruno che rimane in ostello, con la speranza di rivederlo presto sul sentiero. Ci avviamo al terminal dei bus dove ci dovrebbe attendere il pullman diretto a Landmannalaugar, il punto di partenza del nostro cammino.


Una volta sul posto ci viene detto che il nostro bus non sarebbe passato da quella fermata, bensì da un altro ostello distante mezz’ora a piedi. Non abbiamo abbastanza tempo. Ci catapultiamo fuori dal terminal e per fortuna scoviamo un taxi con nove posti che ci porta dritti all’altra fermata. Il tempo scorre e potremmo non farcela. Una volta arrivati nel posto giusto, vediamo in lontananza un pullman che sembra diretto proprio dove dobbiamo recarci noi, sembra che le nostre peripezie siano finite. Sgana corre incontro al mezzo e chiede informazioni all’autista che conferma le nostre supposizioni. Ci affrettiamo per salire, ma al momento di mostrare i biglietti scopriamo che è la compagnia sbagliata e che quindi non ci possono caricare.

Un’ondata di disperazione e adrenalina ci attraversa: l’orario del nostro pullman è già passato da un po’ e non sappiamo dove dirigerci ormai. L’autista gentilmente ci suggerisce di aspettare quello successivo che sarebbe passato nel giro di un’ora, ma così facendo saremmo arrivati troppo tardi a Landmannalaugar. Il Pastore e Francesca si dirigono all’interno dell’ostello lì accanto chiedendo indicazioni su dove dirigerci. Quando ritornano un raggio di speranza risplende nuovamente, scopriamo che il nostro bus sarebbe passato più tardi al terminal dove ci eravamo recati precedentemente.

L’irritazione per il nostro inutile spostamento viene superata dal sollievo di non aver definitivamente perso la nostra possibilità di arrivare all’inizio del nostro sentiero: il Laugavegur. Così saliamo a bordo di un altro taxi e ci fiondiamo nuovamente al terminal, dove effettivamente troviamo la nostra corriera ad attenderci.

Sono solo le otto, non abbiamo ancora lasciato Reykjavik ma le emozioni non sono mancate.

Un pullman del genere non lo avevamo mai preso: munito di grandi ruote da fuori strada, capace di guadare i vari corsi d’acqua in cui ci imbattiamo inoltrandoci verso l’interno dell’isola.

Dopo quasi quattro ore e mezza arriviamo a destinazione; di fronte ai nostri occhi si presenta un paesaggio incredibile, completamente diverso da quello osservato tra l’aeroporto e Reykjavik: siamo in una pianura attraversata da un fiume, le montagne che ci circondano sono di colori cangianti che vanno dal beige al marrone, passando per il verde, il grigio e l’azzurro, interrotti in alcuni punti dal bianco della neve. Sono pendii dolci, levigati. Più che un paesaggio sembra un dipinto del quale si distinguono le pennellate.

Ci fermiamo in quel luogo meraviglioso per pranzo e qualcuno ne approfitta per immergere i piedi nelle acque termali. Nel primo pomeriggio ci avviamo lungo il Laugavegur, il sentiero che ci avrebbe portati da Landmannalaugar a Ϸorsmork.

Il peso dello zaino si sente fin dai primi passi, ma la fatica riusciamo a sopportarla bene, affrancati dal sole splendente e dall’ammirazione verso ciò che ci circonda: stiamo camminando in mezzo a quel panorama da cartolina che prima guardavamo in lontananza. Veniamo sorpresi da un forte odore sulfureo che viene emanato dalle fumarole, punti del suolo riconoscibili, oltre che dal vapore maleodorante che ne esce, anche dal colore del terreno che le circonda, biancastro e giallognolo. Ne avremmo viste parecchie nel corso delle prime tappe di cammino. Poco più avanti ci troviamo a camminare in mezzo a una distesa di ossidiana, che risplende sotto i raggi del sole.

Ci voltiamo a guardare la strada percorsa e al nostro fianco salta subito all’occhio una striscia di terra completamente diversa da quella che la circonda. Sentiamo una guida vicino a noi dire che quello è il rift della dorsale atlantica, che in Islanda supera il livello del mare.

Il sentiero non è troppo difficile, le salite non ci spaccano le gambe e così quasi non ci accorgiamo di essere saliti parecchio rispetto al punto di partenza. Dopo qualche chilometro notiamo che il paesaggio inizia pian piano a cambiare: i nevai da attraversare aumentano e rendono più graduale alla vista il passaggio a un terreno diverso, più scuro.

Dopo un lungo e faticoso tratto sulla neve, svalichiamo la montagna e vediamo poco sotto di noi il rifugio e le tende degli altri escursionisti, appoggiate su una striscia di terreno circondata da bianchissima neve.

Saltano subito all’occhio dei muretti costruiti con i sassi circostanti, posti di fianco alle tende per proteggerle dal forte vento. Si prospetta una notte impegnativa.

I ragazzi si accampano negli ultimi posti rimasti, ma per le ragazze non si riesce a trovare una piazzetta con un muretto già costruito del tutto, così scelgono il meno peggio e cominciano ad aggiungere rocce per alzare il più possibile il riparo. L’ora di cena si avvicina e iniziamo tutti a cucinare, ma sul più bello comincia a piovere e a soffiare più forte il vento. Serata doppiamente sfortunata per le ragazze: la gavetta nella quale stavano preparando un risotto si rovescia e perdono buona parte del pasto. Il vento diventa ancora più insistente, ma per fortuna i ragazzi aiutano nella costruzione e così il muretto finalmente scherma la tenda.

Ormai tutti bagnati e infreddoliti, ci diamo la buona notte e ci ritiriamo nelle varie tende, sperando di riposarci nonostante le intemperie. Sono solo le nove e mezza e già ci arrendiamo al clima islandese.

Fotogallery:




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