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Razzismo, Kalambay: “Prima gli italiani, e quelli come me lo sono”

Patrizio Sumbu Kalambay, pugile italiano, campione italiano, europeo e Mondiale tra gli Anni 80 e 90 dei pesi medi, parla del razzismo

Pubblicato:02-08-2018 07:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:26

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ROMA – “Prima gli italiani”. Uno slogan che da mesi ‘risuona’ incessantemente sui social, e non solo. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ad esempio, spesso e volentieri lo rilancia come hashtag o lo urla ai quattro venti nelle sue dirette Facebook.

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Questo stesso slogan lo ha voluto fare suo anche Patrizio Sumbu Kalambay, pugile italiano, campione italiano, europeo e Mondiale tra gli Anni 80 e 90 dei pesi medi. E la sua uscita pubblica è piaciuta anche al leader della Lega stesso, che ieri lo ha citato come esempio di immigrato “regolare, integrato e rispettoso del paese che lo ospita o lo ha adottato”.


La storia di Patrizio Sumbu Kalambay

Nato a Lubumbashi, nel Congo belga, il 10 aprile del 1956, Kalambay ha ottenuto la cittadinanza italiana a inizio Anni 80 e da allora ha fatto le fortune della boxe tricolore.

Interpellato dall’agenzia Dire, ha detto la sua a proposito delle vicende che hanno visto coinvolte le atlete italiane della 4×400 ai Giochi del Mediterraneo e, recentemente, discobola Daisy Osakue, colpita da un uovo.

“Io combatto per il Tricolore e vado avanti”

“Se si combatte per la bandiera di quella nazione, si va avanti e basta- spiega all’agenzia Dire- Una volta era meglio perché non c’erano i social? Ma c’erano i giornali, lì passava tutto. Quando ho combattuto per il titolo italiano (il 26 settembre del 1985, ndr) a Caserta contro Giovanni De Marco, la gente avrebbe voluto che a vincere fosse stato il mio avversario. Ma non andò così, ho vinto io, ero più forte”.

“Non mi sento rifiutato”

Nonostante questo fuori dall’impianto “ci fu un po’ di casino, c’erano tifosi arrabbiati. La seconda volta che ci ho combattuto, eravamo nelle Marche, c’era tanta gente, ho vinto ma nessuno ha detto nulla, mi sono integrato, mi hanno accettato. Ho combattuto per l’Europeo, per il Mondiale, la palestra è sempre piena quando combattevo io. Nessuno diceva niente. Ora invece ci sono queste polemiche. Non mi è mai successo di sentirmi dire ‘Non è italiano’. Quando c’era l’inno d’Italia tutti cantavamo. Non mi sento rifiutato”.

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Se oggi in Italia le polemiche sull’immigrazione, i casi di razzismo sono in aumento, per Kalambay la colpa è di una serie di fattori: “Sui giornali si legge che la Francia ai tempi di Platini era formata da giocatori tutti bianchi e oggi no. E poi questa storia delle imbarcazioni. Non dimentichiamoci che ci sono italiani che vanno in Africa a fare fortuna. Non sono venuti per primi gli africani in Europa, ma sono stati i bianchi ad andare in Africa. Prendiamo il Belgio, che deve ringraziare il Congo. E poi l’Inghilterra, che ha colonie ovunque, oppure la Francia che ne ha comunque tante”.

“In Italia ci sono razzisti ma anche brave persone”

Alla domanda se l’Italia è un popolo razzista, l’ex pugile ha risposto: “Ci sono razzisti, ma anche brave persone“.

Nello specifico, “l’Europa ha lasciato la questione migranti all’Italia. Ma qui non c’è più posto. Ci sono già italiani che sono senza lavoro. Prima bisognerebbe dare lavoro agli italiani, poi agli altri“.

Alle ultime elezioni, continua, “ho votato Salvini. Perché vedi questi parlamentari che magari vanno in Parlamento per un giorno, dormono invece di lavorare e prendono i vitalizi. Per questo ho votato Salvini, devono essere tutti alla pari”.

E qui torna indietro nel tempo: “Ricordo Sandro Pertini, ricordo di averlo incontrato in una piazza a Roma. Era solo con una signora, senza scorta o altro. Mi sono fermato a salutarlo e dopo di me anche altra gente”.

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