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Luci e emozioni per i 220.000 del Blasco: “Un concerto contro la paura, non ci chiuderanno in casa”

Tre ore e mezza di musica 'sparata' da 174 tonnellate di casse, Vasco Rossi ieri ha incantato l'esercito del Modena park

Pubblicato:02-07-2017 15:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:29

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di Luca Donigaglia, giornalista professionista

MODENA – Il sole rovente di Also sprach Zarathustra brucia nei 1.500 metri quadri di schermi in movimento, si parte. Il parco pubblico Enzo Ferrari l’1 luglio 2017 è solo Modena park. Le 174 tonnellate di casse appese alle torri sparano l’inno di Kubrick ed è un attimo, sono scoccate le 21 e Vasco è già lì. Giacca gialla e berretto nero (si cambierà), attacca “ho perso un’altra occasione buona stasera”, ma per una volta non è così. Di fronte ha una marea umana vera, quelle di cui non vedi la fine; dietro, un palazzo di otto piani largo 130 metri che sembra un palco. Colpa d’Alfredo danza che è una meraviglia, Matt Laug l’accompagna calandosi in un beat da vecchi tempi che non ti aspetti e tutta la band lo segue.


I 220.000 del park dei record impazziscono e di colpo parte Alibi, vecchio pezzo stralunato che racconta di delitti di paese tanto che Vasco coglie nel testo l’involontaria occasione per sdrammatizzare. “La Polizia arrivò dopo la gente-e fece un sacco di domande-e prese anche le impronte”, canta il Kom, in un palco che è stato controllato e bonificato centimetro per centimetro, col questore Paolo Fassari lì sotto a vigilare in prima persona tutta la sera dopo mesi e settimane di lavoro, nel clima di allerta generale sui grandi eventi.



La sfida è stata vinta, il lavoro comunque ha premiato. Anche Vasco lo sa e lo dice ai fan (“Ben arrivati, siete arrivati tutti? Siete stati controllati, verificati, analizzati?”, è ancora il verso a Alibi) ma il messaggio è uno: “Questo è un concerto contro la paura, non ci faranno cambiare le nostre abitudini, non ci chiuderanno in casa”, insiste il Blasco nel tripudio generale. Ed è proprio Blasco Rossi, terza nella scaletta da tre ore e mezza, cui il Kom ha lavorato col fido Guido Elmi già dallo scorso autunno, la canzone che introduce (“Benvenuti alla festa epocale di Modena, Modena park: benvenuti al concerto che non avrà mai fine, benvenuti nella leggenda, benvenuti nel record mondiale”).

Segue Bollicine, la parodia dei “ruggenti anni ’80” e nei cinque schermi rimbalzano il rosa e il giallo fosforescente, la scritta Coca Cola lampeggia sui fan in delirio. Si torna a quegli anni, irripetibili anche per Vasco, che dispensa qua e là con il sapore di quelle stagioni: su tutte Ogni volta, prima di un’Anima fragile introdotta al pianoforte dall’amico Gaetano Curreri, la prima guest star della serata e probabilmente quella che si rivelerà la più apprezzata. Il leader degli Stadio pigia sui tasti con accenni di Jenny è pazza, Silvia, La nostra relazione, tutte del primo disco del maggio ’78 ai tempi dell‘etichetta Lotus, quando i 40 anni di carriera che si celebrano al Ferrari erano già iniziati da qualche mese. Dopo una splendida Splendida giornata arriva la mazzata di Ieri ho sgozzato mio figlio, pezzo cattivo che difatti nel disco dell’81 (Siamo solo noi) venne stampato con un meno impegnativo “sg.”: è qui che va in scena al live di Modena lo sfogo hard del Vasco recente, alla cui causa le chitarre compresse di Burns e Pastano sbattono contro le 29 torri di suono del park.

Si prosegue così fino al primo medley, ormai un classico ma anche una necessità del Vasco dal vivo visto il repertorio, che sforna e più che altro intreccia tra loro Delusa, una pimpante T’immaginiMi piaci perché quasi impercettibile, e poi Gioca con me, Stasera, Sono ancora in comaRock’n’roll show a raffica. La seconda guest star è Maurizio Solieri, che più che guest è stato il chitarrista solista della band per 30 anni e più: si esibisce sfrenato in Ultimo domicilio conosciuto, la chicca strumentale di Bollicine dove (anche qui) spicca una Clara Moroni al suo top. Le luci valgono lo spettacolo, si perde la testa tra 2.100 punti diversi e 140 laser foraggiati dal megawatt di assorbimento elettrico installato (sufficiente ad illuminare un paese, più o meno): si è dovuto scavare tre chilometri e mezzo sotto terra per convogliare i cavi di segnale in fibra, in tutta l’area del parco, grazie alle mani di 300 addetti dello staff operativo, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti. Per la prima volta e non a caso tutte le regie (audio, luci e video) sono state piazzate sotto il palco, ma è un evento irripetibile e non bisogna dimenticarlo. Vasco però non si dimentica neanche del suo conterraneo “Giovanardi”, che dopo le ruggini più o meno recenti riesce a sbeffeggiare senza perdere l’ironia (di fronte a un pubblico che recepisce il messaggio) e giocandoci a più riprese.

Vivere una favola e Non mi va aprono la strada a pezzi più recenti fino a Come nelle favole, che rende bene l’idea di questo primo luglio. Dalla sempre struggente Vivere, incorniciata sugli schermi da un collage di foto dei fan, si passa via via alla solita Rewind con le tette al vento come antidoto ai bigotti e al massiccio interludio col secondo chitarrista guest star, quell’Andrea Braido di Fronte del palco e dintorni che a Modena, pizzicando la sua Les Paul, spettina a dovere la folla (la quale magari, chissà, avrebbe voluto anche vederlo all’opera in un brano o due). Ma è già ora del secondo medley, quello acustico, dove spuntano “le mani sporche di allegria” del Tempo che crea eroi, la dolcissima Canzone per te, Luna, Ridere di te, Va bene va bene così ma anche Senza parole, che esplode quando la band la termina riprendendo in mano distorsori e tamburi.

Il ritmo prosegue con Gli spari sopra e il suo testo scolpito, Stupendo, una Sballi ravvicinati tempestata di laser e robusta di sound come Ieri ho sgozzato, e poi ancora rock con C’è chi dice no e altri brani nuovi, prima di una Sally molto sentita. Ma il tempo passa anche al Modena park e siamo già a Siamo solo noi, “la canzone” del “gallo” Golinelli, per dirla col direttore di palco Diego Spagnoli che presenta la band tra amarcord e aneddoti, peraltro facendo venire gli occhi lucidi (non solo) al sassofonista Andrea Innesto, “Cucchia”. Dopo Vita spericolata e prima di Albachiara spunta Canzonequella che rannicchiato sul palco cantava sempre con Massimo: “Viva Massimo Riva”, urla Vasco, mentre scrosciano gli applausi. Ultime battute, fino ai fuochi d’artificio-fiume per il gran finale, fatalmente un po’ amaro come ad ogni festa vera. Ma a questa di più.

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