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Anoressia e bulimia, terapie più efficaci ma si continua a morire

A parlarne è Laura Dalla Ragione, psichiatra responsabile della struttura residenziale per i disturbi dei Dca di Todi

Pubblicato:02-06-2017 13:36
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:18

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ROMA – Oggi, 2 giugno, e’ il World Eating Disorders Action Day, Giornata mondiale a contrasto dei disturbi del comportamento alimentare (Dca), nata per volonta’ di genitori, familiari, esperti e professionisti per avanzare nella comprensione di questo tipo di malattia di cui i volti piu’ noti sono anoressia nervosa e bulimia ma che ha molteplici sfaccettature. Una malattia grave, ma curabile, che nasce nella psiche e si serve del corpo per esprimere una sofferenza profonda. Lo scopo della Giornata e’, come spiegano i promotori, quello di “unire professionisti, genitori, tutori e coloro che sono colpiti personalmente per promuovere la conoscenza, in tutto il mondo, di questi disturbi e la necessita’ di un trattamento completo”.

Facciamo il punto sui Dca in Italia con Laura Dalla Ragione, psichiatra responsabile di una delle prime strutture residenziali in Italia per i disturbi dei Dca, quella di Todi nata quasi 15 anni fa, referente della gestione del numero verde nazionale SOS Disturbi alimentari (800 180 969) della presidenza del Consiglio dei ministri e presidente Siridap, Societa’ italiana riabilitazione disturbi del comportamento alimentare e del peso.”In Italia ci sono tre milioni di persone ammalate di disturbi del comportamento alimentare – esordisce Dalla Ragione – e l’anoressia e’ ancora la prima causa di morte dopo gli incidenti di auto nella fascia giovanile atra i 16 e i 22 anni”. Emergono “l’abbassamento dell’eta’ di esordio a 9-10 anni” e “la presenza di molti maschi”.

Dottoressa Dalla Ragione, a fronte di 3 milioni di persone ammalate, quale e’ oggi la situazione italiana per quanto riguarda l’assistenza e il trattamento?


La situazione per quanto riguarda l’assistenza e’ drammatica, con regioni dove sono completamente assenti le strutture di cura. Molte regioni in questi anni hanno avviato tavoli tecnici e redatto linee guida come Marche, Lazio, Sicilia, ma dal punto di vista della realizzazione pratica si e’ molto indietro. I centri per il trattamento ora sono circa 140, fino a qualche tempo fa ne contavamo 166 ma alcuni sono stati cancellati dalla lista dopo che le famiglie ci hanno segnalato servizi non veritieri, dove magari c’era solo uno psicologo a disposizione e solo in alcuni giorni. Si stenta a mettere in piedi percorsi completi di assistenza. I Dca esigono un approccio terapeutico multidisciplinare, dove sono coinvolte figure che vanno dallo psicoterapeuta al nutrizionista al pediatra, dove ci sono centri diurni e strutture residenziali per la degenza. Solo 11 regioni in Italia hanno una rete completa, ad esempio l’Umbria e il Veneto. Teoricamente anche il Lazio, che pero’ ha una rete insufficiente, per di piu’ ha una struttura ‘mista’, cui accedono cioe’ pure pazienti con diverse patologie psichiatriche.

Un altro aspetto problematico e’ che la maggior parte delle strutture non accoglie pazienti sotto i 14 anni. In Umbria siamo riusciti a creare una rete molto efficace che si compone della struttura residenziale di palazzo Francisci a Todi (lunedi’ 5 giugno il ministro Lorenzin la visitera’, nell’ambito di una visita ad altre strutture sanitarie della regione) e del “Nido della rondine”, centro diurno che accoglie con un programma specifico 17 pazienti meno gravi, del centro Dai, Disturbi da alimentazione incontrollata, di Citta’ della Pieve e di un centro a Umbertide per i disturbi nell’infanzia. Il Veneto ha una rete analoga. Il modello di assistenza italiano e’ stato anche esportato. Nel 2013 a Malta, con la supervisione della Usl 1 dell’Umbria, abbiamo realizzato una start up e fatto formazione. E’ stato piu’ agevole in un contesto in cui ci sono piu’ mezzi e meno burocrazia.

Le terapie fanno registrare oggi maggiori successi, e si puo’ parlare di malattia “curabile”. Quale evoluzione c’e’ stata?

Le tecniche nuove includono la famiglia piu’ di quanto sia stato fatto in passato: c’e’ l’addestramento della famiglia alla gestione del pasto con il paziente, specie nel caso di minorenni. Una tappa del percorso e’ il pranzo con terapeuta e familiari. Anche il metodo psicologico dell’Emdr (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress traumatico, ndr) risulta molto efficace perche’ una delle componenti ricorrenti nei Dca e’ la presenza di un trauma. Inoltre, tutte le terapie cognitivo-comportamentali si sono ancora raffinate e messe a punto. Il ministero della Salute ha redatto le linee guida sulla riabilitazione alimentare: ora il documento sta passando in Conferenza Stato-Regioni e potrebbero essere varate a settembre.

Di anoressia pero’ si continua a morire, nonostante il miglioramento delle terapie. Nel 2016 i dati sulla mortalita’ sono aumentati rispetto ai due anni precedenti. Muoiono le persone che si sono ammalate 15 anni fa e che si sono cronicizzate. Nei casi di anoressia e bulimia croniche e’ del 20% in piu’ la possibilita’ di morire di complicanze, come ad esempio quelle renali e altre legate alla malnutrizione; un’altra causa di morte e’ il suicidio. Sui Dca c’e’ un filone di ricerca genetica sui “predittori precoci”.

Si puo’ parlare di predisposizione ad ammalarsi? Sono in corso alcune interessanti ricerche, per esempio a Napoli. A Perugia, l’universita’ degli studi sta conducendo una ricerca con il professor Tommaso Beccari, docente di biochimica. E’ stata creata una banca dati con 500 pazienti e utilizzati marcatori per studiare se esiste vulnerabilita’ genetica. Non si puo’ parlare di ereditarieta’ ma di una maggiore ereditarieta’ che, con cause ambientali, fa emergere delle costanti, specie per quanto riguarda l’anoressia.

Puo’ tracciare un bilancio del numero verde nazionale SOS Disturbi alimentari, a circa 7 anni dalla sua istituzione?

Dal 2010 le persone che si sono rivolte al numero verde sono 6.490. Hanno chiamato prevalentemente dalle regioni del sud Italia. Moltissimi i familiari, gli amici di persone malate, quindi medici e pazienti.

(www.redattoresociale.it)

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