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Sudafrica, paese in fermento: tante occasioni per le imprese italiane

L'esperto avverte: 'Noi europei non dovremmo lasciare il mercato del Sudafrica alla Cina, almeno per quel che riguarda la trasformazione'

Pubblicato:01-12-2017 13:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:57

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ROMA – “Grande punto di riferimento per l’Africa subsahariana e un basilare interlocutore continentale per l’Europa, oggi il Sudafrica si presenta come un Paese in ‘pieno fermento’ per la fine di un’era politica. Pertanto non pensa minimamente a interrompere quel percorso economico virtuoso programmato per compensare, con efficaci misure di attrazione degli investimenti, le non poche carenze interne in termini di occupazione e welfare”. Così all’agenzia DIRE Nunzio Bevilacqua, giurista d’impresa ed esperto economico internazionale, presente in Sudafrica.

Noi europei non dovremmo lasciare il mercato sudafricano alla Cina, almeno per quel che riguarda la trasformazione. Ma non possiamo farlo neanche noi italiani benché, visto il periodo, sembra che si dovrà attendere qualche mese per l’inizio di progetti di medio-lungo termine”. Per Bevilacqua sono tanti i settori nei quali “le nostre aziende potrebbero fare la differenza qualitativa come l’agri-business, la lavorazione del pomodoro, del grano, del pellame oltre all’Information and Communication Technology”.


Alcune Pmi secondo l’esperto “anche del Mezzogiorno, potrebbero trovare un valido mercato di sbocco non solo in quei settori ma anche nell’aerospaziale”. Inoltre, dice Bevilacqua, “se il real estate è in ascesa – sebbene non sia molto aperto alle aziende straniere – il campo su cui dovremmo provare a guadagnare ulteriore terreno rispetto ai nostri competitor europei è quello dell’automotive, con il suo indotto diffuso, molto gradito anche alle autorità per le ricadute territoriali positive a livello occupazionale”.

Quindi l’esperto conclude: “C’è ancora troppa sperequazione sociale. Servono degli interventi, seppur costosi, a favore delle classi più disagiate. Se ciò non avverrà sarà molto difficile prevedere il futuro assetto della nazione”.

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