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A Prato ipotesi sportello anticorruzione contro falsi imprenditori cinesi

PRATO - Uno sportello anticorruzione per smascherare

Pubblicato:01-12-2015 19:04
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:39

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impresa cinese lavoroPRATO – Uno sportello anticorruzione per smascherare i ‘falsi’ imprenditori cinesi che operano a Prato. La mancata coincidenza fra il proprietario legale e chi effettivamente manda avanti l’attività delle imprese cinesi, “facilita l’immergersi in una sorta di palude, che è la più difficile da contrastare. Mi riferisco a casi accertati di controllori che non fanno questo lavoro. Sto pensando di creare, prendendo spunto dai fatti recenti ad una sorta di sportello anticorruzione in modo per rendere il cittadino corresponsabile nel portare all’emersione di questi fenomeni”. Lo ha detto il procuratore capo della Repubblica di Prato, Giuseppe Nicolosi parlando alla commemorazione dei sette operai morti nel rogo della fabbrica Teresa Moda del 1° dicembre di due anni fa. “Qui non siamo a Milano, dove c’è la maxi-tangente Enimont- ha proseguito il capo dell’ufficio giudiziario- ma esiste una forma subdola di ingraziamento del pubblico ufficiale, che può arrivare a sfociare nella corruzione”.

In città ha fatto scalpore, nei giorni scorsi, la notizia dell’imprenditore cinese che ha denunciato per estorsione un tecnico della Regione Toscana nell’ambito della campagna dei controlli anti-illegalità nelle aziende dei pronto moda. “I risultati del progetto” per la sicurezza sui luoghi di lavoro, ha proseguito Nicolosi, “sono straordinari. Si è innescato questo circuito virtuoso, per cui le aziende controllate in un numero rilevante di casi si mettono in regola e pagano la sanzione amministrativa, mettendosi così al riparo. Non vorrei- ha però messo le mani avanti Nicolosi- che questo divenisse un costo d’azienda per queste ditte cinesi”. Insomma va evitato che  nei loro bilanci venga “conteggiata la sanzione amministrativa che viene erogata”.   Il problema di fondo, ha ulteriormente puntualizzato, “è che noi non possiamo e non ci accontentiamo” di individuare “il soggetto che formalmente si mette in regola e paga, perché sappiamo che molto spesso il titolare formale non coincide col reale soggetto economico. Questo, quindi, ha comportato che ci stiamo impegnando per” scovare il “responsabile reale dell’infrazione”, ha concluso il procuratore capo.


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