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Atac, ecco i rischi e i vantaggi del concordato preventivo. Il fallimento non è escluso

La mossa di Virginia Raggi e dell'amministrazione M5s può portare al salvataggio. Ma essere anche il preludio al più grande fallimento aziendale della storia di Roma

Pubblicato:01-09-2017 15:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:38

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ROMA – Dunque l’Atac ha scelto la strada del concordato preventivo per cercare di evitare, all’ultima curva, il fallimento aziendale.

Si tratta di un percorso stretto, in cui l’azienda perde il pieno controllo delle scelte intraprese per salvarsi e che, se da un lato può portare al salvataggio in extremis, dall’altro non esclude il fallimento.

Cos’è il concordato preventivo

Nel diritto societario il concordato preventivo viene definito una procedura a cui può ricorrere un debitore per tentare il risanamento, congelando momentaneamente i debiti, previa presentazione di un piano d’impresa di riorganizzazione interna che deve essere approvato da un giudice (previsto il consenso dei creditori).


Rischi e vantaggi

Tra i molti vantaggi del concordato preventivo ci sono la possibilità di proseguire la continuazione dell’attività, quella di congelare la situazione debitoria e pre fallimentare e la possibile ricontrattazione degli importi. In altre parole di avviare il risanamento dell’Atac senza il fiato sul collo dei creditori, che in questa fase non possono presentare ingiunzioni di pagamento, con corsie preferenziali su molte procedure di ristrutturazione aziendale.

Ma non sono pochi nemmeno i rischi: si parte dalla possibilità che possano essere cedute parti dell’attività a un soggetto terzo e si arriva alla possibile liquidazione di parte del patrimonio per usare il ricavato per sanare i crediti. Che nel caso di Atac significa non solo le sedi ma anche i mezzi. Tutti i creditori poi hanno la facoltà di chiedere la risoluzione del concordato per mancata costituzione delle garanzie promesse. Su tutto aleggia infine la decisione del tribunale e il giudizio dell’adunanza dei creditori. Senza il via libera di questi due soggetti il concordato fallisce. E con lui la stessa Atac.

Diverse, e sostanziali, le differenze tra la procedura del concordato preventivo e quella fallimentare. Se in quest’ultimo caso il tribunale potrebbe alienare facilmente i beni di Atac per risanare i debiti, come successo ad esempio per il caso Parmalat, nel caso del concordato preventivo il giudice, o meglio il commissario giudiziale, visto che non dispone della disponibilità dei beni aziendali, si limiterà ad affiancare i manager di Atac controllando le attività svolte per risanare l’azienda riferendo poi ad un giudice delegato. E questo è un grande vantaggio per Atac rispetto alla procedura fallimentare. Tra gli rischi, invece, c’è quello legato al giudizio della cosiddetta adunanza dei creditori, ossia ad un’assemblea a cui partecipano tutti i creditori nella quale questi ultimi sono chiamati ad esprimere il proprio voto sulla proposta di concordato.

Il commissario giudiziale, in apertura dell’udienza, illustra la propria relazione e le eventuali nuove proposte dell’imprenditore per risanare i debiti. Ma attenzione: il concordato preventivo è approvato solo ed esclusivamente quando raggiunge il voto favorevole di tutti i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. E se questo non avviene il tribunale rigetta la proposta di concordato preventivo, per poi dichiarare, su istanza del pubblico ministero o dei creditori, il fallimento del debitore. In altre parole il fallimento di Atac a quel punto sarebbe automatico.

Se invece l’adunanza dei creditori portasse ad un esito positivo, il concordato preventivo sarebbe approvato. A quel punto Atac avrebbe sei mesi per mettere in atto il piano d’impresa approvato dai creditori e tentare di salvarsi pagando i debiti. Ma le notizie non sono per forza positive. Una società con una mole di debito come Atac, ovvero 1,38 miliardi, oltre a ricorrere ad alcune mosse di finanza creativa potrebbe anche essere costretta a liquidare parte dei beni per soddisfare i creditori. E i beni di Atac si chiamano autobus, trame metropolitane, oltre ad alcune dozzine di depositi e qualche edificio utilizzato come uffici e sedi direzionali. E naturalmente tutti i creditori possono chiedere la risoluzione del concordato per inadempimento delle promesse aziendali. Atac, dunque, questa volta è davvero all’ultimo miglio di una strada dissestata di debiti e scelte strategiche. La mossa di Virginia Raggi e dell’amministrazione del Movimento 5 stelle può portare al suo salvataggio. Ma essere anche il preludio al più grande fallimento aziendale della storia di Roma. E purtroppo non ci sono certezze.

di Emiliano Pretto, giornalista professionista

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