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Paramenti e calzari medievali, Iscr restaura tesoro arte sacra/ Foto

Torna oggi a Sant'Elia (Vt), collezione in mostra in museo spiritualità

Pubblicato:01-06-2017 15:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:17

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ROMA – Piccole forme animali intessute con assoluta maestria decorano le pianete, perfette geometrie colorate di bianco, di rosso e di blu scandiscono la lunghezza delle vesti, intrecci dorati di antiche culture arabe abbelliscono i calzari. È un preziosissimo tesoro di arte sacra la raccolta di paramenti liturgici che oggi tornerà a Castel Sant’Elia, in provincia di Viterbo, dopo un lungo lavoro di recupero curato dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr).

Realizzati tra l’XI e il XIII secolo e legati proprio alla basilica di Sant’Elia, i 28 manufatti medievali da oggi avranno una nuova sede espositiva nel Museo comunale della Spiritualità ‘Don Giovanni Rosavini’. È qui che comunità locale e studiosi da tutto il mondo potranno osservare da vicino le mitre, le vesti e i sandali che costituiscono un patrimonio unico, arrivato fino a noi grazie al culto dei Santi Anastasio e Nonnoso, ai quali si pensava fossero appartenuti gli abiti.

“Abbiamo individuato piccole parti ritagliate che evidentemente venivano usate come reliquie”, racconta all’agenzia Dire Silvia Checchi, restauratrice Iscr che ha coordinato il restauro dei tessuti, iniziato nel 2001.


“Si tratta di un corredo conosciuto a livello internazionale per la sua rarità e per la sua ricchezza- aggiunge l’esperta- su cui è stata costruita la teoria dell’abbigliamento liturgico”. I reperti sono stati infatti modificati nel tempo e riadattati ai cambiamenti della liturgia, raccontandone così le evoluzioni.

È il caso per esempio delle grandi casule, nel tempo ridimensionate per liberare le braccia degli officianti. Ma tra i capi cuciti con tessuti e stoffe preziose ci sono anche abiti più ordinari, realizzati con materiali meno pregiati, tra cui il lino, il cotone e la canapa.

“Si tratta di una serie di paramenti usati nella quotidianità– dice la Checchi- vesti semplici per culti ordinari che di solito venivano riutilizzate o eliminate. Non sappiamo integralmente la loro storia e per un lungo periodo se ne sono perse le tracce, ma possiamo supporre che siano state dimenticate fino alla loro riscoperta e ricovero all’interno della chiesa parrocchiale di Castel Sant’Elia”.

L’equipe dell’Iscr ha pulito i tessuti e li ha consolidati con seta e aghi chirurgici, intervenendo anche sui restauri precedenti. “Abbiamo trovato cuciture e rammendi delicati, ma anche rattoppature che avevano modificato i tessuti. Non sempre è stato possibile o opportuno rimuoverle”.

La conservazione dei paramenti

Dal 1950 la raccolta era esposta in un museo allestito nella casa del custode del Santuario di Maria Santissima ad Rupes, ma col tempo il deterioramento aveva preso il sopravvento. “Le vetrine che contenevano i reperti si erano rotte, e la polvere stava compromettendone la conservazione”. D’accordo con la Diocesi, il Comune ha deciso allora di dedicare uno spazio nuovo alla raccolta nel Museo dedicato all’abate cistercense di Sant’Elia Don Giovanni Rosavini. Ma per la loro fragilità i paramenti non potevano essere esposti tutti.

“Per questo- spiega ancora la restauratrice- abbiamo progettato una cassettiera conservativa realizzata su misura dove ricoverare le vesti più delicate, che abbiamo protetto in fodere di cotone, come si faceva una volta nelle sagrestie”. Tra i paramenti, c’era anche un piccolo frammento in seta, tessuto ad arazzo.

“La sua raffinatezza era assoluta, era il pezzo più antico della raccolta, di fattura sicuramente orientale”, spiega Checchi. Un tesoro nel tesoro che, con l’aiuto di alcune immagini fotografiche scattate all’inizio del Novecento, si è scoperto essere parte di una delle pianete della collezione. “Ho deciso di farlo tornare al suo posto- specifica l’esperta- e di metterlo così in mostra in una delle vetrine che abbiamo progettato per il nuovo Museo”.

Nel nuovo allestimento troveranno spazio anche i calzari pontificali che arricchiscono la collezione, rendendola un unicum in tutta Europa. “Nel panorama dei sandali pontificali di questa epoca sicuramente il nucleo di Sant’Elia è molto importante e significativo, sia per la ricchezza dei materiali che per il buono stato di conservazione, ma anche per la tipologia della forma e della decorazione”, spiega Anna Valeria Jervis, restauratrice Iscr esperta di manufatti in cuoio che ha coordinato l’intervento sui calzari.

La seta e i filati metallici posti su uno strato di pelle suggeriscono una datazione tra il XII e il XIII secolo, mentre “con ogni probabilità” la loro realizzazione è di provenienza siciliana, in epoca successiva alla dominazione araba, come raccontano le decorazioni e gli arabeschi. Due i sandali restaurati dall’Iscr, e su un terzo paio si interverrà in seguito.

“Per essere oggetti così deperibili sono eccezionalmente ben conservati e di fabbricazione estremamente complessa. In origine erano oggetti molto sontuosi– osserva Jervis- e anche se il degrado ne ha offuscato il lusso e la magnificenza, si tratta di sandali cerimoniali di notevole pregio, indossati da un abate o un vescovo in occasione della messa pontificale, che era una particolare celebrazione appannaggio di prelati di rango elevato”.

Corredato di un video che racconta il lungo intervento di restauro (documentato anche con una pubblicazione) e di strumenti innovativi come il Qr code, il nuovo Museo della Spiritualità di Sant’Elia sarà inaugurato oggi dal sindaco Rodolfo Mazzolini, il vescovo della Diocesi di Civita Castellana, monsignor Romano Rossi, nipote di Don Rosavini, la soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio, Alfonsina Russo, e il direttore dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, Gisella Capponi.

(Foto ufficio stampa Iscr)

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