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Traumi, giugno è il mese della consapevolezza per chi non riesce a superarlo

ROMA - Sono tante le persone che a causa

Pubblicato:01-06-2016 15:53
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:48

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depressioneROMA – Sono tante le persone che a causa di un evento traumatico, che ha messo in pericolo la loro vita, hanno sviluppato reazioni legate allo stress. Se queste durano più di tre mesi e non si verificano dei miglioramenti nella condizione psicofisica, allora è il momento di chiedere aiuto. Per aumentare la conoscenza e la consapevolezza sul disturbo post-traumatico da stress (PtsdPost-Traumatic Stress Disorder), il National Center for Ptsd del Department of Veterans Affairs (VA) degli Stati Uniti (www.ptsd.va.gov) promuove per tutto il mese di giugno il ‘PTSD Awareness Month’, lanciando la campagna di video testimoniaze ‘AboutFace‘ con le storie dei veterani e dei loro familiari.

Cos’è il Ptsd? È una condizione di salute mentale che può verificarsi quando una persona vive, assiste o si confronta con un evento o con eventi che hanno implicato morte, minaccia di morte, gravi lesioni o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. Può trattarsi di guerre, disastri naturali o situazioni di violenza. Si parla di Ptsd se le normali reazioni ai traumi– come il sentirsi spaventato, agitato o triste- non migliorano dopo circa un mese, oppure peggiorano. “Trattare il Ptsd con un approccio adeguato e personalizzato è possibile- si legge nel sito-, ma occorre prima di tutto che la persona che ne soffre lo sappia riconoscere”. Come si può scoprire di avere un Ptsd? “A volte i segni sono evidenti- informa la campagna ‘AboutFace’- altre volte molto meno. Se, ad esempio, dopo diversi mesi dall’evento traumatico persistono gli incubi, i sensi di colpa, uno stato di allerta, situazioni di evitamento che ricordano l’evento traumatico e un senso di distacco dalle persone che ci circondano- continua il VA- allora è possibile parlare di Ptsd”.

disperazione_depressioneIl Ptsd non colpisce solo la persona che ne soffre ma anche coloro che la circondano, perché “vivere con qualcuno che è spaventato, che ha incubi ed evita situazioni sociali può causare difficoltà nelle relazioni”, spiega l’organizzazione governativa americana. AboutFace è una campagna complementare alla già nota ‘Make The Connection‘, sempre del VA, e fa parte del generale programma di salute mentale: “Poter fare i collegamenti attraverso le testimonianze personali dei veterani che hanno vissuto la guerra, sofferto di disturbi fisici e psicologici, è un darsi la mano, è un valido sostegno per quanti devono ancora superare le loro sfide”. VA ha inserito nella campagna AboutFace anche una pagina dedicata agli esperti medici e psicologi che hanno trattato migliaia di casi di Ptsd. Il Centro Nazionale si impegna a migliorare il benessere dei veterani americani attraverso l’avanzamento della ricerca, l’istruzione e la formazione nella scienza, la diagnosi e il trattamento del Ptsd e dei disturbi legati allo stress.


IL PARERE DELL’ESPERTA: INTERVISTA A PAULA SCHNURR – “C’è un forte legame tra l’esposizione agli eventi traumatici e gli effetti negativi sulla salute“. Lo racconta in una videointervista alla DIRE Paula Schnurr esperta in Ptsd (Disturbo post-traumatico da stress) e research professor di Psichiatria nella Scuola di Medicina di Geisel (Dartmouth – Stati Uniti). “È importante capire che questa relazione è determinata dal modo in cui ognuno reagisce al trauma, perché ogni persona lo fa in modo diverso. Alcuni sviluppano Ptsd– afferma l’esperta- altri depressione e altri ancora all’inizio sono sconvolti, ma dopo poco ritornano a star bene. Le ricerche tendono, infatti, a dimostrare che non è tanto il fatto di essere traumatizzati, ma il modo in cui reagiamo al trauma che fa la differenza”. Quindi, “quando si è traumatizzati e si sviluppano reazioni negative come il Ptsd o la depressione– spiega la professoressa- è probabile che avremo anche effetti negativi sulla salute fisica“. – Cosa succede se questi disturbi non si trattano presto? “Non esistono ragioni per non trattare presto il disturbo, perché se una persona lo sviluppa vuol dire che non è riuscita a riprendersi da sola. Pensiamo quindi che possa essere utile trattare presto il Ptsd o altre reazioni traumatiche. Se interveniamo precocemente- risponde Schnurr- non solo le chances di guarigione di Ptsd cronici saranno superiori, ma restituiremo prima il benessere alla persona”. La studiosa poi avvisa: “Non chiamiamo Ptsd ogni reazione al trauma, il disturbo riguarda solo quelle persone che, successivamente a una diagnosi, evidenziano una reazione al trauma molto forte e prolungata nel tempo. Per questo motivo lo definiamo disturbo- ricorda la professoressa- e pensiamo che il trattamento possa fare la differenza”.

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