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Roma, Lucha Y Sieste: “Da Catini ricostruzione falsa, Raggi venga qui”

Le attiviste della Casa delle Donne del Tuscolano rompono il silenzio e puntano il dito contro le "dichiarazioni non veritiere" e le "conclusioni ancora più fantasiose" pronunciate dalla presidente della commissione capitolina Politiche Sociali Agnese Catini

Pubblicato:01-03-2019 17:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:11

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ROMA – All’indomani del rigetto da parte del Movimento Cinque Stelle della mozione n. 48 presentata in Consiglio Comunale a Roma “per scongiurare la chiusura del centro antiviolenza Lucha y Siesta”, le attiviste della Casa delle Donne del Tuscolano rompono il silenzio e puntano il dito contro le “dichiarazioni non veritiere” e le “conclusioni ancora più fantasiose” pronunciate dalla presidente della commissione capitolina Politiche Sociali Agnese Catini, che allarmano le attiviste soprattutto “quando afferma che l’immobile di via Lucio Sestio 10 è effettivamente l’ago della bilancia rispetto al fallimento o salvataggio di Atac, che noi auspichiamo rimanga pubblica nella sua interezza”.

“La Consigliera Catini ha, infatti, affermato che è stato impossibile intervenire a tempo debito per gli assessorati competenti, stralciando quindi la vendita dell’immobile di via Lucio Sestio 10, a causa del ritardo con cui la Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’ si è rivolta alla Giunta Capitolina- si legge su una nota stampa di risposta- Tenendo in considerazione che gli atti inerenti a questa procedura sono rimasti secretati a lungo, la realtà dei fatti è un’altra”.

“L’immobile è stato inserito nel concordato di Atac e loro si sono rivolte a noi solo dopo la partenza della procedura e ora non è più possibile fermarla- aveva dichiarato ieri Catini in Consiglio Comunale-Francamente non ce la sentiamo di far fallire il concordato e
quindi Atac per far proseguire questa attività”.


Le attiviste, dal canto loro, ricostruiscono le tappe della vicenda. A inizio dicembre 2017 “due ispettori Atac ci fanno visita per valutare lo stato dell’immobile e da loro apprendiamo la volontà dell’azienda di dismettere tutte le sue proprietà”; il 14 dicembre, “chiediamo un incontro con la Giunta Capitolina e gli assessorati competenti”; a fine anno, il 27 dicembre, “veniamo ricevute in Campidoglio dell’assessora Baldassarre in rappresentanza della Giunta e della sindaca Raggi”.

Con il nuovo anno, il 4 gennaio 2018, “riceviamo convocazione per il 10 gennaio con protocollo 967 di Roma Capitale, in cui si legge ‘La presente per convocare un tavolo di lavoro finalizzato a monitorare e concertare soluzioni circa la situazione inerente la Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’”.

Ma il 10 gennaio “il tavolo va deserto eccetto per la sola presenza dell’assessora Baldassare, che sottolinea l’impossibilità a procedere vista l’assenza degli assessorati competenti”; il 16 gennaio “con protocollo 4330 del Comune di Roma riceviamo una nuova convocazione”; il 18 gennaio le attiviste di Lucha tornano “nuovamente in Campidoglio alla presenza dell’assessora alle Politiche Sociali Laura Baldassare in rappresentanza di tutta la Giunta comunale, dell’assessora regionale alle Politiche sociali Rita Visini, della presidente della commissione Politiche Sociali, Maria Agnese Catini, e della presidente del Municipio VII, Monica Lozzi”.

Il 23 gennaio “viene votato il piano di rientro industriale di Atac” e il 27 ne viene “presentata la prima stesura”. Si arriva così al 27 luglio 2018, quando “il tribunale ammette Atac al concordato”.

“In tutti i tavoli- continua il comunicato di Lucha- è stata esplicitata la volontà degli assessorati competenti e della Giunta tutta di prendere in carico la vicenda dell’immobile di via Lucio Sestio 10 e della Casa delle Donne sita al suo interno. Tra le ipotesi avanzate durante gli incontri istituzionali citiamo la possibilità dello stralcio dell’immobile dalla procedura di concordato e o la permuta di altro immobile da destinarsi alla vendita in sostituzione dello stabile di via Lucio Sestio 10. Non è stato dato alcun seguito agli impegni previsti per arrivare allo stralcio dalla vendita e non è stato data continuità al tavolo di lavoro, nonostante le richieste avanzate che ancora oggi rimangono inevase”.

Le attiviste invitano, quindi, “ancora una volta la sindaca Raggi a visitare ‘Lucha y Siesta’ per scongiurare che venga ricordata come la prima sindaca che chiude le Case delle Donne, altrimenti il suo silenzio diventerà effettivamente un chiaro atto politico contro le donne, i bambini e le bambine che hanno vissuto, vivono e potrebbero vivere nella Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’”.

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