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Aifi: “Patologia per patologia, le (non) evidenze scientifiche dell’osteopatia”

ROMA - 'Inesattezze, imprecisioni, affermazioni non supportate da adeguati riferimenti':

Pubblicato:01-03-2017 12:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:57

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ROMA – ‘Inesattezze, imprecisioni, affermazioni non supportate da adeguati riferimenti’: sulle presunte evidenze scientifiche dell’osteopatia serve ancora una volta fare chiarezza. E’ la posizione dell’Aifi, l’Associazione italiana fisioterapisti, sulla questione del riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria. ‘Una tesi che non trova riscontro nei documenti dell’Oms’, spiega Davide Albertoni, consigliere nazionale Aifi con delega alla Promozione della cultura in fisioterapia e referente Gis.

‘Mi dispiace notare che il dibattito sull’osteopatia abbia raggiunto bassi livelli con accuse reciproche tra diversi professionisti. In realtà non c’è alcuna guerra da parte di Aifi contro osteopati o associazioni di esse, ma semplicemente la volontà di verificare le fonti ciò che viene sostenuto ed eventualmente rettificare affermazioni false e/o tendenziose. Recentemente, per esempio, molte testate giornalistiche sono uscite con la notizia dei 10 milioni di italiani che scelgono l’osteopatia (!), sicuramente di impatto, ma ci si è dimenticati di ricordare che questa indagine è stata commissionata dal Roi stesso, e che il campione degli intervistati era di 800 persone, delle quali 1 su 5 si è rivolta, almeno una volta all’osteopata. Quindi 160 persone, che si sono rivolte all’osteopata almeno una volta, sarebbero rappresentative di una scelta di 10 milioni di italiani? Personalmente mi sembra un’affermazione vagamente tendenziosa e quantomeno discutibile’.


‘Ma mi lascia ancora più perplesso- continua- il fatto che una categoria che ambisce a diventare professione sanitaria, ed entrare nell’ambito scientifico, cerchi conferma al proprio riconoscimento nell’opinione pubblica, o nel sostegno da parte di personaggi famosi e gradimento della popolazione generale. Perché cercare credito nella popolazione invece di portare evidenze scientifiche di efficacia e della peculiarità del proprio intervento? Questo purtroppo è tipico delle medicine non convenzionali, che si fanno forti dei numeri ma non hanno sostegno scientifico (vedi omeopatia). Vogliamo parlare del fatto che il numero di italiani che almeno una volta in un anno si sono rivolti a maghi e cartomanti, è passato da 10 milioni nel 2006 a 13 milioni calcolati a fine 2013, con un aumento del 30% in 7 anni (Codacons)? Non voglio mancare di rispetto a nessuno, ma davvero l’aumento della domanda da parte della popolazione generale può essere presa come conferma della validità di una pratica?’

‘Nell’ambito scientifico- prosegue- ci si occupa di altro, ci si occupa di evidenze. Certo, le varie associazioni di osteopati parlano frequentemente di una grande mole di letteratura scientifica che dimostra chiaramente l’efficacia di dell’osteopatia in svariate patologie, ma nessuno supporta tali affermazioni con riferimenti adeguati. E’ quindi opportuno presentare i risultati delle diverse revisioni sistematiche sull’efficacia del trattamento osteopatico, in modo da valutare la mole di pubblicazioni scientifiche e la qualità delle stesse. Invece di citare qualche articolo singolo, di dubbia validità scientifica, è infatti necessario esaminare le revisioni sistematiche di tutti gli articoli esistenti, inclusi quelli con risultati negativi, ed è possibile presentare i dati suddivisi per patologia’.

– PATOLOGIE CRONICHE –
Una recente revisione sistematica di Cicchitti (2015), ha analizzato gli effetti dell’osteopatia sulle Malattie Infiammatorie Croniche (CID): Asma, Bronco-Pneumopatia Cronico-Ostruttiva (BPCO), Malattia Arteriosa Periferica, Sindrome del Colon Irritabile, Artrite. I risultati sono elencati nei seguenti paragrafi, insieme ad altre revisioni.

– ASMA –
Un solo studio randomizzato e controllato (RCT) ha dimostrato che il trattamento osteopatico determinava un aumento della ventilazione e del picco espiratorio in pazienti asmatici immediatamente dopo il trattamento (Guiney, 2005) mentre un secondo studio (Bockenhauer, 2002) che ha misurato l’effetto a distanza di 15 minuti dal trattamento, non ha registrato alcun miglioramento statisticamente significativo rispetto ad un trattamento simulato. Con questi dati, l’efficacia del trattamento è nullo, oppure, se presente, avrebbe un’efficacia limitata a qualche minuto. Nessuna efficacia nemmeno per l’approccio chiropratico (Balon, 1998).

– BRONCO-PNEUMOPATIA CRONICO-OSTRUTTIVA (BPCO) –
Ci sono solo 3 studi (Noll, 2008 e 2009; Zanotti, 2012) che analizzano l’efficacia del trattamento osteopatico nella BPCO: i due RCT di Noll mostrano in realtà un peggioramento della funzionalità polmonare dopo trattamento osteopatico rispetto al gruppo di controllo, mentre lo studio pilota di Zanotti è il primo che mostra una certa efficacia del trattamento osteopatico sulla funzionalità polmonare, ma in aggiunta alla riabilitazione respiratoria. Cicchitti (2015) ha quindi condotto una meta-analisi su questi tre studi per valutare l’efficacia di ogni tecnica rispetto al gruppo di controllo, ma i risultati non dimostrano alcuna efficacia statisticamente significativa per nessuna delle tecniche utilizzate.

– MALATTIA ARTERIOSA PERIFERICA –
E’ stato pubblicato un solo studio che analizza l’effetto di 6 mesi di trattamento osteopatico sull’arteriopatia periferica (Lombardini, 2009), e che non mostra alcun efficacia a 2 e 4 mesi, mentre è presente lieve miglioramento dei parametri analizzati a 6 mesi. Lo studio è controllato ma non randomizzato e non presenta analisi di ampiezza dell’effetto.

– SINDROME DEL COLON IRRITABILE –
Una revisione sistematica di Muller (2014) ha analizzato 5 studi controllati e randomizzati dell’approccio osteopatico nella sindrome del colon irritabile mostrando una certa efficacia sul dolore, costipazione e funzionalità intestinale nel breve periodo. L’autore conclude che ci sono evidenze preliminari sulla possibile efficacia del trattamento osteopatico ma si richiede cautela nell’interpretazione dei risultati dato lo scarso numero di studi e la ridotta dimensione dei campioni analizzati.

– ARTRITE –
Sull’artrite è stato pubblicato un solo studio (Hallas, 1997) sull’efficacia del trattamento osteopatico, ma è relativo ad artrite indotta artificialmente nei topi. Il trattamento mostra una certa efficacia, ma essendo un unico studio solo su animali, le informazioni non sono sufficienti per sostenere l’efficacia o inefficacia dell’eventuale trattamento sugli essere umani.

– PATOLOGIE GINECOLOGICHE ED OSTETRICHE –
Una revisione di Ruffini (2016) ha analizzato 24 studi sull’efficacia dell’approccio osteopatico nelle patologie ginecologiche ed ostetriche. Il 50% degli studi non aveva un gruppo di controllo, il trattamento di controllo era variabile e l’assegnazione non sempre randomizzata, la durata dei trattamenti variabile, le tecniche osteopatiche utilizzate differenti, gli effetti collaterali spesso non riportati. Sebbene siano riportati alcuni effetti positivi, l’autore conclude che la scarsità degli studi, l’importante eterogeneità e l’elevato rischio di errori sistematici (bias) impedisce di dare qualsiasi indicazione sull’efficacia sull’effetto del trattamento osteopatico.

– PATOLOGIE DEL TRATTO URINARIO –
La revisione di Franke (2013) ha valutato l’efficacia del trattamento osteopatico nei pazienti con problematiche del tratto urinario inferiore ed ha osservato dei risultati positivi rispetto a nessun trattamento, mentre a confronto con altri approcci convenzionali, non mostrava nessuna differenza. Gli studi erano molto eterogenei ma mostrano iniziali evidenze di efficacia, anche se servono ulteriori studi con campioni più ampi e procedure standardizzate nel gruppo di controllo.

– PATOLOGIE PEDIATRICHE –
La revisione sistematica di Posadzki (2013) ha analizzato 17 studi sull’efficacia dell’approccio osteopatico nelle patologie pediatriche. La qualità delle pubblicazioni era molto scarsa con elevato rischio di errori sistematici in diversi parametri e informazioni non riportate: in generale gli studi con campioni più piccoli ed elevato rischio di errore supportavano l’efficacia del trattamento osteopatico mentre gli studi con maggiori pazienti e ridotti rischi di errore non dimostravano alcuna efficacia. L’autore conclude quindi che l’efficacia dell’approccio osteopatico non è dimostrato, che sono necessari ulteriori RCT di buona qualità per rispondere a molti quesiti aperti sull’efficacia di queste tecniche. Un’altra revisione sistematica di Poder (2013) sull’efficacia delle terapie complementari ed alternative nei pazienti pediatrici evidenzia una possibile, anche se preliminare, efficacia dell’ipnosi, musicoterapia ed arteterapia, mentre le evidenze a supporto di agopuntura, chiropratica ed osteopatia sono insufficienti.
La revisione Cochrane di Dobson (2012) ha valutato l’efficacia dell’osteopatia e chiropratica nelle coliche infantili, ma anche questa revisione è inconcludente, visto che gli studi sono solo 6, di scarsa qualità metodologica, e a rischio di errore sistematico.

– OTITE MEDIA –
Una revisione sistematica di Marom (2015) sull’efficacia della Medicina Complementare ed Alternativa (CAM) nell’otite media, relativamente all’osteopatia osserva che sono stati riportati effetti positivi, ma con circa un quarto dei pazienti persi alla valutazione a distanza, rendendo questi risultati molto discutibili. Altri studi inclusi nella revisione mostravano scarsa qualità metodologica, elevati rischi di errori sistematici ed elevato numero di pazienti persi alla valutazione a distanza.

– TERAPIA CRANIOSACRALE –
Una revisione sistematica di Jakel (2011) ha analizzato tutti gli studi sull’efficacia della terapia craniosacrale in varie patologie. Gli studi sono solo 8 e i dati sono troppo eterogenei ed insufficienti per valutarne la reale efficacia. Ricordiamo, inoltre, che della terapia craniosacrale non è ancora stata dimostrata la plausibilità e che nella comunità scientifica viene frequentemente considerata “ciarlataneria”.

– DOLORI MUSCOLOSCHELETRICI –
La revisione sistematica di Posadzki (2011) ha valutato l’efficacia dell’osteopatia nei dolori muscoloscheletrici, identificando 16 studi randomizzati e controllati (RCT): 5 mostravano efficacia del trattamento osteopatico nella riduzione del dolore mente 11 non mostravano alcuna efficacia. L’autore conclude che i dati ottenuti non supportano chiare evidenze di efficacia per questo approccio.

– LOMBALGIA –
Ci sono tre revisioni sull’intervento osteopatico nella lombalgia, una di Licciardone (2005), che viene considerata ad alto rischio di bias (errore sistematico) direttamente da una seconda revisione di Franke (2014), per cui è scarsamente affidabile. Mentre il lavoro di Franke (2014) indica che ci sono alcune prove di efficacia di buona qualità che tecniche di terapia manuale, effettuate da osteopati, siano utili nella lombalgia persistente. Un’altra revisione di Orrock (2013) valuta l’efficacia nella lombalgia cronica, ma evidenzia la presenza solo di due studi: uno non mostra alcuna efficacia, e l’altro efficacia paragonabile ad altri approcci convenzionali. Tutti gli autori affermano che sono necessari ulteriori studi, con campioni più ampi, di alta qualità e con confronti robusti tra i gruppi di trattamento.

– VALIDITÀ DEL PLACEBO NEI TRIAL DI OSTEOPATIA –
Una recente revisione di Cerritelli (2016) analizza la tipologia di placebo utilizzata nei gruppi di controllo degli studi di efficacia dei trattamenti osteopatici, ed evidenzia un’elevata eterogeneità tra i placebo utilizzati negli studi, alcuni manuali ed altri nonmanuali, senza chiara analisi delle differenze intra ed intergruppi. Sulla base di queste osservazioni, gli autori suggeriscono prudenza nel leggere ed interpretare i risultati dei trial clinici randomizzati in osteopatia. Dovrebbero essere quindi prodotte delle linee guida per individuare placebo affidabili allo scopo di aumentare la validità interna ed esterna degli studi.

 

‘Questa panoramica sulle evidenze in osteopatia- riprende Davide Albertoni, consigliere nazionale Aifi con delega alla promozione della cultura in fisioterapia e referente Gis- mostra che in realtà gli studi sull’efficacia di tale approccio sono pochi, molto eterogenei, di scarsa qualità metodologica, con placebo non adeguati, e i cui risultati spesso non mostrano alcuna efficacia. Siamo quindi lontanissimi dai proclami sull’evidente efficacia dell’osteopatia in svariati problemi di salute, e nonostante gli oltre 100 anni di storia, l’osteopatia ha ancora una letteratura scientifica molto limitata e non è nemmeno riuscita a dimostrare i suoi principi fondamentali. Le procedure diagnostiche, infatti, sono basate esclusivamente sulla valutazione manuale che è stato ampiamente dimostrato essere inaffidabile. Questo non significa che le tecniche osteopatiche siano inutili o completamente inefficaci: qualche preliminare evidenza di efficacia in alcune patologie esiste, ma non è ancora chiaro quali tecniche siano affidabili, utili, oppure completamente inutili o dannose, così come non è chiara l’entità della loro eventuale efficacia. Mancano l’analisi delle Minime Differenze Clinicamente Significative (MCID), di follow-up a distanze ragionevoli, un confronto con altri approcci specifici, studi randomizzati e controllati più robusti e revisioni sistematiche su tanti altri distretti corporei e patologie’.

‘Per condurre ulteriori ricerche- conclude- e ottenere ulteriori prove di efficacia, garantendo allo stesso tempo la sicurezza dei cittadini, è quindi più appropriato che l’osteopatia sia praticata dalle esistenti professioni sanitarie, che lavorano in ospedali e cliniche, che hanno una formazione in medicina convenzionale, riconosciuta dallo Stato, e che sono in possesso delle competenze per poter valutare l’efficacia e i rischi degli approcci non convenzionali rispetto a quelli convenzionali. Istituire invece una nuova professione sanitaria, in medicina non convenzionale, con scarse prove di efficacia, una limitata letteratura scientifica a supporto, formazioni prevalentemente private e gestite da società a scopo di lucro, e pensare persino di equiparare tutte queste formazioni non controllate dallo Stato, ad una laurea universitaria abilitante a curare le persone con disabilità, è una scelta molto, troppo discutibile’.

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