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Libia, Amnesty contro l’Italia: “Migranti detenuti e torturati”

Alla vigilia del primo anniversario della firma del Memorandum d'intesa sottoscritto tra Italia e Libia, Amnesty International ha denunciato che migliaia di persone restano intrappolate nei campi di detenzione libici dove la tortura è all'ordine del giorno.

Pubblicato:01-02-2018 07:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:25

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ROMA – Alla vigilia del primo anniversario della firma del Memorandum d’intesa sottoscritto tra Italia e Libia il 2 febbraio 2017 per impedire le partenze di migranti e rifugiati verso l’Europa, Amnesty International ha denunciato che migliaia di persone restano intrappolate nei campi di detenzione libici dove la tortura è all’ordine del giorno.

“Un anno fa il governo italiano, appoggiato da quelli europei, ha sottoscritto un equivoco accordo col governo della Libia a seguito del quale migliaia di persone sono finite intrappolate nella miseria, costrette a subire tortura, arresti arbitrari, estorsioni e condizioni di detenzione inimmaginabili nei centri diretti dalle autorità libiche”; ha dichiarato Iverna McGowan, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le Istituzioni europee.

Secondo il Memorandum, l’Italia avrebbe collaborato con le autorità militari e di controllo delle frontiere della Libia per “fermare le partenze dei migranti irregolari”; in altre parole impedire ai migranti, così come ai rifugiati, di raggiungere l’Europa. La strategia italiana era coerente col più ampio approccio europeo, tanto che venne fatta propria dai leader europei il 3 febbraio con la Dichiarazione di Malta.


Da allora, il governo italiano e l’Unione europea hanno fornito alla Guardia costiera libica imbarcazioni, formazione e ulteriore assistenza per pattugliare il mare e riportare indietro rifugiati e migranti in fuga disperata verso l’Europa.

Nel 2017, circa 20.000 persone sono state intercettate in mare dalla Guardia costiera libica e trasferite nei famigerati centri di detenzione del Paese.

“L’Europa deve urgentemente porre il tema della dignità umana al centro delle sue politiche in materia d’immigrazione. Se l’Italia è al posto di guida, tutti i governi europei che cooperano con la Libia nel controllo delle frontiere hanno la loro parte di responsabilità per il trattenimento di migranti e rifugiati in centri dove si verificano violenze indescrivibili”, ha sottolineato McGowan.

Negli ultimi pochi mesi, i programmi per il “ritorno assistito volontario” dei migranti trattenuti in Libia sono stati estesi: nel 2017 19.370 persone sono tornate nei paesi d’origine. Sono stati attuati positivamente più modesti progetti pilota per il reinsediamento di poche centinaia di rifugiati in Francia e Italia.

Far sì che le persone intrappolate nei terribili centri di detenzione della Libia siano rilasciate dev’essere una priorità, ma l’evacuazione dei migranti tramite i programmi di ritorno volontario non può essere la soluzione sistematica.

Dev’esserci piena trasparenza per comprendere se le persone “ritornate volontariamente” abbiano avuto accesso a procedure adeguate e non siano state rimandate verso ulteriori violazioni dei diritti umani. Inoltre, devono essere poste in essere alternative più durature come l’aumento dei reinsediamenti e il rilascio di visti umanitari.

“In ogni parte del mondo la gente è rimasta scioccata dall’agghiacciante situazione dei migranti e dei rifugiati in Libia. I governi europei hanno reagito con rimedi provvisori, come le evacuazioni senza alcuna garanzia che le persone tornate nei luoghi di origine possano riprendere una vita in condizioni di sicurezza. Sollecitiamo i leader europei ad assicurare che quelle garanzie siano applicate, soprattutto mediante l’offerta di posti per il reinsediamento e visti umanitari per le persone che sono in un disperato stato di necessità”, ha concluso McGowan.

Amnesty International sta anche sollecitando i governi europei a lavorare con le autorità libiche per ottenere la fine delle politiche di detenzione arbitraria e a tempo indeterminato dei rifugiati e dei migranti e il riconoscimento dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e del suo intero mandato.

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